2025-12-16
2025-12-16
Tempo di lettura: 20 minuti
Nell’ambito della sicurezza sull’ambiente di lavoro e della progettazione di meccanismi in generale, è possibile imbattersi nella valutazione di un moto libero di corpi rotanti che potrebbero urtare contro parti del corpo o altre componenti meccaniche. Valutare la forza che questi corpi scambiano è quindi di fondamentale importanza per aumentare sicurezza e resistenza dei nostri meccanismi.
In questo articolo analizzeremo, quindi, un modello semplificato (ma comunque dettagliato) della realtà appena proposta: un pendolo che impatta contro una riscontro elastico (un braccio, un tampone, una molla) e trasferisce ad esso la sua energia cinetica (scambiando con lui una certa forza). L’obiettivo è quello di studiare gli scambi di energia e di forze tra i corpi in modo da operare una progettazione efficace.
Inizieremo questo studio con un quadro che metta in luce le ipotesi del modello e i concetti teorici essenziali (moto del pendolo, coppie e forze generate, valutazione dell’energia del sistema) per poi costruire le equazioni di moto (tra la discesa libera e l’interazione con il riscontro elastico) e vedremo come collegare tutti i diversi parametri tra loro.
Alla fine dell’articolo proporrò un semplice file Excel per un supporto iniziale al calcolo. L’idea è quella di passare da un problema apparentemente astratto a un metodo operativo da riutilizzare nei tuoi casi reali.
Cosa controlliamo e cosa vogliamo ottenere.
Prima di iniziare, fissiamo i parametri utili e condivisi per descrivere meglio il problema. Per ogni parametro, tra parentesi quadre verrà riportata la sua unità di misura nel Sistema Internazionale.
M [kg]: massa del corpo in rotazione concentrata nel suo baricentro.
L [m]: distanza tra il fulcro di rotazione e il baricentro del corpo; è il “braccio” del pendolo.
D [m]: distanza tra il fulcro e il punto di applicazione della forza della “molla” che sviluppa una forza elastica resistente.
J [kg m²]: momento di inerzia del “pendolo” rispetto al perno di rotazione; nel caso di massa concentrata puntiforme vale la relazione J = M * L²
ϑ (t) [rad]: angolo istantaneo del pendolo rispetto alla verticale con incremento in senso antiorario.
ϑ₀ [rad]: angolo iniziale di rilascio del pendolo (da cui partirà con velocità nulla).
ϑₐ [rad]: angolo di primo contatto tra pendolo e riscontro elastico.
dϑ (t) [rad/s]: velocità angolare del pendolo.
ddϑ (t) [rad/s²]: accelerazione angolare del pendolo.
α [rad]: angolo di arresto desiderato del pendolo.
g [m/s²]: accelerazione di gravità (consideriamola pari a 9.81 m/s²).
K [N/m]: rigidezza della molla che lega la compressione ∆x [m] alla forza Fₓ [N].
Parametri descrittivi del modello descritto
Cosa semplifichiamo consapevolmente nel modello?
Per realizzare una modellazione che descriva in maniera chiara il problema e avere comunque formule facilmente utilizzabili, dobbiamo compiere alcune semplificazioni che non negano la complessità del problema ma, semplicemente, permetteranno di condensare questa complessità all’interno di appositi (e calibrati) coefficienti di sicurezza (CS).
Massa concentrata nel baricentro: la massa M concentrata nel baricentro del corpo (a distanza L dal fulcro di rotazione) permette di semplificare il calcolo dell’inerzia rotante J.
Braccio rigido e indeformabile: ipotizzare ciò permette di semplificare il problema riducendolo ad uno con un solo grado di libertà.
Perno fisso, privo di gioco e attrito: il centro di rotazione è fisso nello spazio e trascurare elementi dissipativi permette di compiere un dimensionamento a favore di sicurezza.
Solo gravità come forza esterna applicata al sistema: sulla massa non agiscono forze esterne, oltre alla gravità, che potrebbero essere sia a favore che contrarie al nostro scopo. Una loro valutazione è comunque sempre possibile con facili accorgimenti.
Molla lineare non smorzata: questo permette di ritenere valida la relazione Fₓ = K * ∆x e di non avere componenti dissipative proporzionali alla velocità di movimento (come avverrebbe con la presenza di smorzamento viscoso).
Assenza di dissipazione durante l’urto: l’energia del sistema non viene dissipata ma, al limite, può trasformarsi; anche questa valutazione permette di compiere dimensionamenti a favore di sicurezza.
Contatto a partire da un angolo ben definito ϑₐ: il pendolo oscilla liberamente fino al primo contatto con la molla con la quale interagirà fino al punto di arresto definito in α.
Molla che lavora in direzione tangenziale al moto: operare nella sola direzione tangenziale al moto permette di far valere l’ipotesi di allineamento tra le forze in gioco
Braccio di applicazione della forza della molla noto: la posizione della molla rispetto al perno di rotazione è fissata pari a D [m] e questo permette di conoscere facilmente la coppia resistente applicata al sistema.
Rilascio da un angolo iniziale ϑ₀: volendo valutare la caduta libera di un corpo, supporremo che esso sia inizialmente fermo.
Moto libero fino al contatto con la molla: dall’istante di rilascio il corpo è soggetto alla sola gravità fino al suo contatto iniziale con la molla (che porterà all’arresto del pendolo).
In questo moto otterremo, quindi, un modello ad un solo grado di libertà senza attriti o altri elementi dissipativi. Il sistema è ben descritto e utile a compiere un primo (attendibile) dimensionamento degli elementi considerati.
Dal pendolo semplice ai primi dimensionamenti.
Adesso raccogliamo i mattoncini utili per comporre correttamente la soluzione che stiamo cercando.
Immaginando la massa M come vincolata a ruotare ad una distanza L dal fulcro e volendo descrivere la sua traiettoria in funzione del solo angolo ϑ, poiché l’unica forza agente fino all’impatto con la molla è la gravità, la coppia [N m] generata rispetto al fulcro di rotazione sarà:
dove il meno suggerisce che la gravità voglia riportare il pendolo verso la posizione di zero (in basso, lungo la verticale) opponendosi allo spostamento dall’equilibrio. Per un sistema generico in rotazione, la “resistenza” al cambiamento di velocità angolare viene descritto con il parametro inerziale J.
La forma rotazionale generica della seconda legge di Newton sarà, quindi
Questa formula, nel nostro caso (massa concentrata con solo forza di gravità come carico esterno) può essere semplificata come segue
più avanti, quando entrerà in gioco l’azione della molla, nella somma delle coppie agenti sul sistema apparirà anche quella generata da questo elemento.
Una delle ipotesi che abbiamo fatto è quella dell’assenza di dissipazione da parte del sistema quindi vuol dire che l’energia meccanica totale E [J] si conserverà, quindi
In questa equazione sono presenti tutte le componenti energetiche del sistema che si manifestano in momenti differenti.
L’energia cinetica di rotazione è
L’energia gravitazione del pendolo (l’elemento che permette di considerare la velocità di movimento del pendolo) è
dove, nel caso di un pendolo, h(ϑ) = L (1-cosϑ) è il parametro che indica l’altezza del baricentro rispetto alla posizione con energia potenziale nulla (in basso lungo la verticale).
Ricordiamo, inoltre, che questa componente, in assenza di attriti e altre interazioni, si conserva integralmente.
Infine, l’energia elastica della molla (la capacità della molla di assorbire energia) è
Poiché ∆x(ϑ) = D * (sinϑ - sinϑₐ) quindi la coppia resistente generata dalla molla sarà
Il segno effettivo di questa componente sarà opposto rispetto al verso del moto perché la molla agisce come elemento frenante del sistema.
Dalle equazioni del moto al dimensionamento della molla.
L’obiettivo di questa sezione è quello di mettere insieme i pezzi per comprendere a pieno il problema. Per farlo dovremo dapprima comprendere le equazioni che governano il sistema e poi, tramite due approcci diversi, cercheremo di ottenere una soluzione utilizzabile.
Il moto del pendolo, come detto, è diviso in due fasi, quella di caduta libera (in cui ϑ < ϑₐ) e quella di interazione con la molla (in cui ϑ ≥ ϑₐ).
Nella prima fase l’evoluzione di ϑ (t) è governato dall’equazione
Mentre, a livello energetico, avremo
considerando il principio di conservazione dell’energia e ϑ₀ come il punto di partenza del moto nel quale la velocità è nulla
così, al primo contatto con la molla, avremo:
A questo punto, quindi, iniziamo a considerare il contatto con la molla. L’evoluzione di ϑ (t) sarà governata da
quindi
Nello stato iniziale la velocità è nulla quindi l’energia meccanica totale in ϑ₀ sarà
ma, poiché non ci sono dissipazioni, l’energia si conserverà anche durante il contatto con la molla quindi avremo
Le equazioni del moto o il metodo energetico.
A questo punto possiamo affrontare il problema secondo due approcci.
Conoscendo tutte le equazioni che governano il moto prima e dopo il contatto con la molla e le condizioni a contorno (posizioni e velocità) sia nell’istante iniziale che in quello nel quale inizia il contatto con la molla, potremo ottenere gli andamenti di tutte le grandezze di interesse a partire dagli andamenti di ϑ (t) e delle sue derivate.
Questo metodo permette una descrizione completa del moto nel tempo oltre all’analisi di eventuali oscillazioni successive ed eventuali “rimbalzi” ma richiede di operare integrazioni numeriche mediante appositi software di calcolo oltre a non consentire una rapida valutazione della rigidezza K della molla.
Un approccio più diretto ed efficace risulta essere quello energetico che permette di ricavare la rigidezza della molla K in base al punto in cui voglio che il pendolo si fermi (e nel quale, quindi, abbia energia cinetica nulla).
Supponiamo che il pendolo si fermi istantaneamente al raggiungimento di un certo angolo α (> ϑₐ); ricordando la conservazione dell’energia, quindi, avremo
quindi
che, nel nostro caso specifico, diventa
Un altro modo per valutare la rigidezza è quello di considerare che il pendolo arrivi nel punto descritto da α con una certa velocità \dotα e che tutta l’energia cinetica sviluppata debba essere assorbita istantaneamente dalla molla quindi, in questo caso, avremo
Indipendentemente dall’approccio utilizzato, una volta ricavato la rigidezza potremo valutare tutti i parametri relativi alla molla, alle forze, ecc… Stimando, quindi, anche i carichi trasmessi alla struttura di supporto e a tutto il resto del sistema.
Nel mondo reale, però, si verifica il caso di un urto contro un muro rigido (corsa elastica molto ridotta e tempo di contatto brevissimo). La descrizione più naturale di questo fenomeno è ora in termini di variazione di velocità tra prima e dopo il momento dell’impatto e questa variazione viene descritta dal coefficiente di restituzione e (che determina quanta velocità viene “restituita” dopo l’urto).
Per il tratto di moto libero, l’equazione che descrive il moto non cambia. Quello che ci interessa, però, è l’istante subito prima dell’impatto (le cui grandezze sono caratterizzate dal pedice “-”) con il muro nel quale la velocità del pendolo sarà descritta come
Il contatto istantaneo con il muro viene definito, come anticipato, viene definito da un’inversione netta della velocità descritta dal coefficiente di restituzione e. La velocità dopo l’urto (le cui grandezze sono caratterizzate dal pedice “+”), quindi, sarà
Il valore “e” definisce quanto forte sarà il rimbalzo contro il muro e può variare tra 1 (urto perfettamente elastico) e 0 (urto completamente plastico) dove i valori intermedi definiscono il grado di urto anelastico (quanta parte di energia cinetica viene dissipata sotto altre forme).
Dopo l’urto, quindi, il pendolo ripartirà con un moto libero con la “nuova” velocità e la direzione inversa rispetto a prima.
In questo modello, vista l’istantaneità dell’interazione, anziché la coppia generata potremo valutare il cosiddetto impulso di coppia (valutato in [N m s])
da cui deriverà, considerando quota di applicazione D, l’impulso di forza (valutato in [N s])
Il caso di contatto istantaneo con un muro rappresenta l’estremo di quanto descritto nel resto dell’articolo poiché, facendo tendere la rigidezza K all’infinito e riducendo sempre più la corsa di “ammortizzazione”, il contatto “morbido” tende sempre più all’urto istantaneo.
Dal punto di vista progettuale:
useremo il modello con molla quando il fermo è costituito da elementi elastici come tamponi in gomma, molle, strutture flessibili e similari,
useremo il modello a “muro rigido” quando il contatto è molto “secco”.
In questo articolo abbiamo provato ad analizzare una situazione pratica e a scomporla nei sui tasselli fondamentali fino ad ottenere un modello matematico facilmente implementabile.
Siamo partita dalla descrizione del moto di un pendolo semplice, abbiamo aggiunto qualche ipotesi di contesto per comprendere il grado di affidabilità e i limiti del modello e, valutando equazioni di moto e quantità energetiche, siamo riusciti a conoscere tutti i parametri del sistema di nostro interesse.
Per rendere ancora più chiaro questo percorso, ho sviluppato un file Excel che puoi trovare qui di seguito nel quale, al variare dei parametri fondamentali, puoi osservare come si modificano le dimensioni di progetto.
In questo modo il modello non rimane un semplice esercizio accademico ma diventa uno strumento operativo utile per verificare i risultati di calcolo forniti da altri strumenti di analisi più avanzata come modelli FEM, simulazioni multi-body e prove sperimentali.